Tv Fiction Blog | Facebook | Beautiful | Centovetrine | Tempesta d'amore | Un posto al sole | Il segreto | Una vita | Uomini e donne | Le tre rose di Eva | Legami

 

Tv Soap intervista ROCCO GIUSTI, Matteo Monforte ne Le tre rose di Eva: "A Centovetrine sarò il compagno di cella di Ettore Ferri..."

Oggi Tv Soap intervista Rocco Giusti, un giovane e promettente attore che il pubblico televisivo ha imparato a conoscere grazie al ruolo di Matteo Monforte ne Le tre rose di Eva, ma che in futuro avrà un ruolo di rilievo anche in Centovetrine (dove interpreterà Ascanio Molteni).

Ecco quello che Rocco ci ha raccontato, compresa anche qualche interessante anticipazione sul personaggio a cui darà il volto nella soap torinese:

A cura di Carla per TvSoap.it. La riproduzione è VIETATA, anche parzialmente.

Iniziamo con un episodio della tua vita che secondo te ti racconta in un momento.

Oddio no! (ride) Non ho capito ancora io come sono fatto, figuriamoci se c’è un episodio che mi riesce di raccontare per intero. L’identità poi per un attore è un dramma… io sono convinto che uno non abbia solo una personalità…  la frase “Essere se stessi” per me non vuol dire niente.

Anche quando giro “Le tre rose di Eva” o “Centovetrine”, io non sono altre persone… sono parti di me, non è che non sono me stesso. A volte succede perfino nella vita, di essere diversi… mi capita di arrabbiarmi e chi mi è accanto mi dice “Ma tu non sei così!”, e io penso “Ma come non son così? Son sempre io!”

Quando e come è nata la tua passione per il palcoscenico?

È nata per caso: andai a provare un corso in una scuola di recitazione perché lo faceva un amico, e il primo giorno mi riusciva… l’insegnante mi chiese: “Ma da quant’è che studi recitazione?” e io rispondevo che era la prima cosa che facevo… e così ho detto “Proviamo!”.

Mi piaceva, mi divertivo e mi riusciva facile. E poi c’è il fatto che io vado matto da sempre per i film di Al Pacino, però quelli in italiano in cui lo doppia Giancarlo Giannini, quindi il 50% del merito è suo. Io mi imparavo a memoria tutte le battute dei film e poi  mi divertivo a rifarle, vestito e truccato come i personaggi. È iniziata così.

Qual è la battuta o il film di Al Pacino che t’è piaciuto di più?

“Carlito’s way”! È il primo film che mi ha impressionato davvero.

Dopo la prima scuola di recitazione, nel tuo curriculum arriva il Centro Sperimentale di Cinematografia a Roma. Chi te l’ha segnalato, come sono state le selezioni, e cos’hai pensato quando sei entrato?

Me l’avevano segnalato gli insegnanti di recitazione… se n’era parlato riguardo al futuro, e in Italia se uno vuole fare l’attore professionista deve fare o il Centro, o l’Accademia Silvio D’Amico, o a Milano la Paolo Grassi o la scuola del Teatro Stabile di Torino o di Genova. Io volevo fare cinema e sapevo che al Centro insegnava Giannini, ho provato. E non è stato facile per niente entrare… eravamo tanti, sei-settecento. Abbiamo fatto tre selezioni, sono arrivato all’ultima che è un seminario propedeutico di un mese dove prendono il doppio delle persone che poi resteranno, e noi eravamo 32… e alla fine siamo rimasti in 16, otto maschi e otto femmine. E quando è andata bene… ero contentissimo!

È stata una delle emozioni più grandi che ho provato per la recitazione, anche perché era tutto all’inizio, è come quando fai l’amore la prima volta! È bello anche dopo, anche dieci anni dopo… ma la prima volta non la scordi mai. E poi fare l’attore è un sogno come mestiere, è una di quelle cose che ti dicono i bimbi quando gli si chiede cosa vogliono fare da grandi: o attore o calciatore. Ed è davvero un sogno, anche se ha tanti contro oltre che tanti pro. È una realtà difficile, soprattutto in questo periodo che film al cinema se ne fanno pochissimi: io infatti mi sento molto fortunato perché sto lavorando tanto.

Piccola provocazione: ma perché hai fatto il Centro Sperimentale invece di tentare il più bello d’Italia, la moda o il Grande Fratello? Le carte da giocare le avevi… non ti senti un po’ fuori moda?

Ma no macché! Io non ho niente contro il più bello d’Italia, i tronisti, i reality… ma io cercavo altro. E non vuol dire essere più profondo, eh…  è che ho proprio seguito quello che mi interessava, quello che mi piaceva. E poi non sono uno che va dietro alle mode… ma nemmeno alle contro mode, non è che voglio fare l’outsider a tutti i costi, vorrei solo fare quel che piace a me.

Tra l’altro la moda non è sempre progresso, non è che ci si migliora se si va dietro a quel che va per la maggiore, anzi a volte per risolvere le cose bisogni ritornare indietro. Per esempio nella recitazione io credo che si debbano riscoprire gli attori del passato e si debba riprendere quel modello. C’è un modo di lavorare degli attori di cinema di oggi che pensano di essere contemporanei e moderni ma a me non piacciono proprio. Meglio tornare indietro, se si può migliorare.

A proposito di recitazione, in un’intervista hai detto che durante il Centro Sperimentale di Cinematografia hai imparato a “buttare via quello che non serve”. Ma che vuol dire? Come lo spiegheresti a un profano?

È un discorso lungo: quando arrivi al Centro parti da zero e cerchi di tirare fuori tutto di te, ti aiutano a farlo. E a quel punto devi distinguere tra quello che ti serve e quello che non ti serve nella recitazione, perché non è efficace per te ma magari per un altro sì… un’intonazione, un modo di fare, un particolare tipo di gestualità può servire a uno e a un altro no.

Il Centro Sperimentale ti tira fuori tutto "il marcio", senza la paura di sbagliare, perché se sbagli capisci quello che fa per te e poi te lo porti dietro per tutta la vita, è un lavoro che serve una volta per sempre, non solo per i 3 anni della scuola. Io per esempio oltre alla recitazione ho una passione sfrenata per le arti marziali, e un po’ è la stessa cosa: nelle arti marziali tu devi scartare tutto quello che non ti serve e tenere quello che serve a te.

Nel 2009 hai recitato nel film “I Mostri oggi”, sequel sui generis dei “Mostri” di Dino Risi. Di cosa parlava il tuo episodio? Con chi hai girato? Che ricordo hai di quell’esperienza?

È stata fighissima come esperienza! Avevo una parte piccola ma come inizio è stato una favola e devo ringraziare Barbara Giordani che è una casting director importante che mi chiamò per fare il provino. Io interpretavo il figlio di Giorgio Panariello, un ragazzo che a un certo punto ha una crisi sui propri gusti sessuali e diventa l’amante di Diego Abatantuono, che è il suo professore di scuola.

Mio padre – cioè Panariello – lo scopre, invita il professore a cena senza dire niente a nessuno dei due e poi lo ricopre di fango perché non accetta un figlio gay. E c’era anche Emanuela Aureli, bravissima. Il film voleva raccontare i “mostri” odierni, quelli con cui abbiamo a che fare oggi. Io ero la pecora nera, sparivo di fronte a quei due! Avevo una parte piccola, più che altro ho avuto occasione di guardarli e di imparare… era uno scontro tra titani. E ora a Centovetrine mi sta succedendo lo stesso con Roberto Alpi e Mariano Rigillo: mi trovo a recitare con due mostri sacri!

Un insegnamento che porti sempre con te da quando l’hai sentito.

“Pensa a quello che dici, le parole non contano: conta il pensiero e conta la situazione.” E poi “Ascolta sempre chi hai davanti, ascolta l’attore con cui stai lavorando, sempre”.

Il film dopo il quale nulla è stato come prima, recitativamente.

“Carlito’s way” è stato il film che mi ha fatto venire la passione grazie ad Al Pacino e Sean Penn. Io in realtà credo che il più grande insegnamento nella recitazione sia guardare i grandi attori. Le scuole servono, ma Giannini diceva “Nessuno vi insegna, la recitazione o ce l’avete o non ce l’avete” e io sono d’accordo. La scuola insegna a fare, a lavorare: Giannini diceva “Se non sbagliate a scuola vuol dire che non state lavorando. Buttate il marcio, esplorate.” Poi l’esercizio e il lavoro servono ad affinarti, si impara fino a cent’anni, gli esami non finiscono mai, come diceva De Filippo. Fare, fare, fare… lavorare. La teoria serve a poco.

Com’è stato trasferirsi in un’altra città a vent’anni? Come hai preso l’impatto con Roma?

L’ho presa bene perché l’ho deciso io, non vedevo l’ora di andarmene via. Ma non perché ce l’avessi con qualcuno: io a Livorno ho la mia famiglia, le amicizie, gli affetti… però la recitazione era la passione, e per recitare dovevo andare a Roma. Se fosse stato possibile studiare e lavorare come attore a Livorno ci sarei rimasto, ma per fare l’attore devi respirare l’aria di Roma, devi entrare in un linguaggio diverso, vivere altre esperienze. Per diventare un certo tipo di attore  - che volevo diventare e che ancora non mi sento ma è il mio obiettivo - dovevo mettere da parte la mia livornesità, e l’unico modo per farlo era andare a Roma, vivere in mezzo ai colleghi, parlare in dizione tutto il giorno, esplorarmi in un altro senso.

È stata una full immersion di 4 anni a Roma, in quel mondo, da mattina a sera… come si fa quando devi imparare una lingua: te ne devi andare in Inghilterra, non bastano i corsetti due volte a settimana. Mi ricordo che c’erano le vacanze perché la scuola chiudeva d’estate, e io tornavo a Livorno e recuperavo la mia livornesità… e poi a fine estate la dovevo abbandonare di nuovo, perché se vuoi fare l’attore non puoi fare sempre il toscano. Anzi: devi imparare talmente bene la dizione da mettere le basi per imparare poi tutti gli altri dialetti… e se fossi rimasto a Livorno non avrei mai avuto la duttilità che poi ti viene richiesta in questo mestiere. Poi se vuoi fare Pieraccioni o Panariello – che sono grandissimi – puoi anche parlare solo toscano, ma resti sempre quel tipo di attore là. O come Massimo Troisi che era un mostro di attore… però faceva sempre quel personaggio. Il mio esempio invece – perché bisogna sempre avere un esempio – è Giancarlo Giannini che è un trasformista e in ogni film è una persona totalmente diversa.

Come sei arrivato a interpretare Matteo Monforte Ne "Le tre rose di Eva"?

Al casting c’era il grande Stefano Rabbolini. Lui mi ha fatto fare il primo provino e da lì ce ne sono stati altri due e alla fine ho vinto la parte. E son stato contentissimo, perché è un bel personaggio, complesso, difficile… è stata una bella prova e spero di averla fatta al meglio, non era facile. Mi han dato una bella responsabilità e spero di non aver deluso nessuno. Devo ringraziare soprattutto Raffaele Mertes e Vincenzo Verdecchi – i registi – che mi hanno dato una grossa mano smuovendomi cose dentro, lati del mio carattere che non conoscevo nemmeno, e che mi hanno permesso di portare nel personaggio.

Poi mi sono trovato con attori fantastici… sembra facile fare la fiction ma è difficilissimo: c’è poco tempo! Al cinema è diverso: hai più tempo tu di provare e ha più tempo il regista per seguirti e darti indicazioni… invece lì devi saperle fare efficaci e credibili in poco tempo. Quindi ho avuto la fortuna di lavorare con attori favolosi, e un particolare ringraziamento lo devo a Luca Ward, che oltre ad essere un doppiatore incredibile sa fare tutto, teatro, cinema, doppiaggio… Siccome avevamo alcune scene da doppiare nelle Tre rose, lui mi ha invitato, mi ha accolto nelle sale e mi ha dato un sacco di consigli, che per me sono stati fondamentali perché il doppiaggio è un’altra fase del mestiere che va saputa fare: non esistono doppiatori, sono attori che usano quel mezzo, così come si usa il mezzo teatrale o cinematografico, per cui il doppiaggio è qualcosa che ogni attore dovrebbe saper fare.

Matteo Monforte sembra l’eroe sensibile, poi si rivela un vigliacco, abbastanza dallo sparare a un compagno ma non tanto da tradire il fratello, che peraltro non ama. Poi… che cosa ci aspetta ancora nelle sue evoluzioni?

Matteo ora sta cercando una risalita: mentale, personale, su tutti i fronti. Ha toccato il fondo, ora cerca di riprendersi aiutando il fratello, entrando nel caso e cercando di uscirne bene. Vuole espiare quel senso di colpa che ha dentro, e anche il fatto che si sia costituito e non voglia difendersi è il segno che si sente in colpa, perché lui è una persona con dei valori. Sì, è stato vigliacco… però in certe situazioni per capire cosa si prova bisognerebbe trovarcisi!

Qual è stata la cosa più difficile da portare in scena di Matteo?

Paradossalmente direi le scene più corte. Perché per me è più difficile fare una scena corta con due battute che una scena complessa e ricca. Non sono le battute che contano: devi recitare con il corpo, col pensiero… le battute servono a poco, ma è più difficile girare una scena con una battuta sola da dire che un dialogo ricco che ti permetta di mostrare tutto lo stato d’animo.

Una cosa che hai particolarmente amato del tuo personaggio e una che avresti volentieri cambiato.

La roulette russa! È stata fighissima, peccato fosse “solo” un flashback, ma è stata bellissima da girare: la sentivamo efficace, figa. Eravamo entrati nella situazione. Scene che non avrei voluto girare… no, mi sono capitate tutte scene belle, ho avuto una fortuna incredibile, mi reputo un attore fortunato.

Con chi ti sei trovato meglio a recitare?

Guarda: con tutti, non per sviolinare, però davvero è stato un bel cast. Poi certo, se ti trovi un attore dell’esperienza e della bravura di Alfredo Pea (l’avvocato che si rivela padre di Matteo)… come fai a non nominarlo?

Curiosità: quando sono arrivate le sceneggiature ti sei letto tutte le storie o solo le tue?

Non le ho lette proprio tutte ma mi sono visto quasi tutto perché la storia mi incuriosiva molto. Per esempio nelle prime tre puntate non c’ero ma le ho volute vedere… anche perché un conto è leggere e un conto è vedere come poi vengono. E non mi sono mai annoiato, c’era un bel ritmo, una bella costruzione drammaturgica e un bel montaggio. E infatti è andata bene anche negli ascolti.  

E come sei entrato in Centovetrine?

La produzione è la stessa: Mediaset e Mediavivere. Quindi i “capi” mi conoscevano e mi hanno fatto fare un provino, anzi due… è arrivato il personaggio e sono lì. Anche qui sono stato fortunato, perché a parte il personaggio mi trovo in una linea che non c’è mai stata: sono un giovane carcerato, Ascanio Molteni, compagno di cella di Ettore Ferri. E mi trovo a girare con Roberto Alpi, Mariano Rigillo, Daniela Fazzolari, Selvaggia Quattrini… sarebbe da fare gratis! Anzi, gratis no perché non si fa nulla, ma è una fortuna tale poter recitare con attori simili, che ad Alpi dovrei proprio dare la metà del mio budget: mi sta facendo fare una palestra incredibile.

Ascanio è un nome che a seconda dell’età e del target fa pensare alla Guerra di Troia o al Grande Fratello. Dopo il tuo ingresso a Centovetrine a cosa lo collegheremo?

La guerra di Troia, niente Grande Fratello. Si parla di recitazione, il Gf non è recitazione, è un’altra cosa. Non meno valida, ma diversa.

Centovetrine è un’occasione molto importante e sono contento - oddio sono anche spaventato perché non so come ne esco! – perché è un grande insegnamento per il futuro. Giriamo in tempi velocissimi, devi essere sempre pronto, scattante, con la memoria pronta… Alpi continua a dirmi "Non dire le cose a memoria, pensa a quello che dici, non fare solo la memoria, se sai la situazione la memoria ti viene di conseguenza". Mi fa un po’ da mentore, e in un certo senso è quel che richiedono anche i personaggi: lui mi fa da guida artistica nella vita come Ettore Ferri dà consigli "paterni" ad Ascanio Molteni in carcere.

Posso chiederti quanto durerà la tua esperienza in Centovetrine?

In termini di mesi esattamente non lo so, perché il girato poi si dilata, ma sicuramente ho un sacco di puntate, mi capitano anche sette scene al giorno da girare… sto girando da maggio e resto fino ad agosto, quindi direi che durerà un bel po’ di mesi, in onda!

E con il fattore “San Giusto” come ti sei trovato? Dopo Livorno e Roma sei di quelli che trovano San Giusto un’oasi riposante o di quelli che se non vanno a Milano ogni due giorni non respirano?

No no, anche perché il fatto di avere legami sentimentali qua a Livorno, anzi tra qui e Viareggio, mi riporta sempre da queste parti nel fine settimana. (ridendo) Di Milano non mi frega nulla!

A questo punto devo chiederlo a nome delle spettatrici femminili: quindi il tuo cuore è impegnato? E come dev’essere la persona con cui decidi di stare?

(serio) Cuore impegnatissimo, sì. Con la persona con cui sto devono esserci sintonia, fiducia e passione (perché se non c’è la passione non si va da nessuna parte...) e poi stimoli continui, perché in un rapporto sentimentale - dove quello di appiattirsi è un rischio che c'è sempre - gli stimoli sono essenziali. E poi dev’essere una ragazza con cui è tutto semplice, senza grilli e con dei valori. Matura ma anche passionale. Riguardo alla ragazza di cui parlavo… È una cosa complicata, però il mio cuore batte per questa ragazza e sento di essere ricambiato.

Che differenze tecniche stai notando tra "Le tre rose di Eva" e "Centovetrine"?

Direi solamente che Centovetrine è più veloce, come tempo. E poi che a Centovetrine le videocamere sono tre e sono fisse. Una per il controcampo mio, l’altra per l’altro e la terza per il campo lungo. È un po’ come essere a teatro: anche se inquadrano l’altro, tu sei sempre inquadrato. Nelle “Tre rose” invece ce n’è una, al massimo proprio due, e ci sono tempi tecnici un po’ più lunghi.

Se ti chiedessi un punto di forza e uno di debolezza della tua recitazione?

Uh ti va male perché hai davanti uno molto critico con se stesso… ma starebbe al pubblico dirlo. Un pregio… mi dicono che sono naturale, credibile. Un punto debole… ce n’è quanti ne vuoi, ci son tante cose da affinare e migliorare ma se te le descrivessi tutte non mi farebbero più lavorare! (ride)

Al di là della recitazione dunque la tua passione sono le arti marziali?

Assolutamente, le MMA, arti marziali miste. È un po’ la disciplina erede della valetudo e del pancrazio di una volta (due tipi di lotta, ndr).

Con quali attori – che hai incontrato o no nella tua carriera - ti piacerebbe interagire in altri contesti?

Il mio sogno è fare il film della vita con Paolo Virzì a Livorno. Tipo “La prima cosa bella”. Un ruolo da protagonista in un film che ha successo… una bella storia magari in un film sul pugilato. Sarebbe il sogno vero, non avrei nient’altro da chiedere… (aggiunge un istante dopo col tono serio di prima) se non sposarmi con la ragazza di cui sopra.

Ci sono progetti futuri di cui ti va di parlare, oltre a Centovetrine?

Per ora direi la seconda serie delle "Tre rose". Non c’è niente di ufficiale, ma ci dovrebbe essere, e ci dovrei essere.

Grazie a Rocco Giusti per averci concesso questa lunga intervista ed in bocca al lupo per il suo futuro professionale.



Seguici anche su Facebook su Google Plus e su Twitter

© TvSoap.it - Riproduzione vietata

(Pubblicato il 13 giugno 2012)


 


Link sponsorizzato


Soap, fiction e telenovelas italiane ed estere: Un posto al sole - Beautiful - Tempesta d'amore - Il segreto - Una vita - Legami - Centovetrine

Tv Soap - Pagina Facebook

 

Home page

Il segreto (telenovela)

Una vita (telenovela)

Uomini e donne

Legami (telenovela)

Un posto al sole news

Un posto al sole trame

Un posto al sole cast

Un posto al sole riassunti

Beautiful news

Beautiful trame

Beautiful cast

Beautiful riassunti

Tempesta d'amore news

Tempesta d'amore trame

Tempesta d'amore cast

Tempesta d'amore riassunti

Le tre rose di Eva (fiction)

Centovetrine news

Centovetrine trame

Centovetrine cast

Centovetrine riassunti

Trame fiction di prima serata

Privacy policy

Informativa estesa cookie

Note legali

Scrivici alla nostra email

Facebook Twitter

 

Link sponsorizzati