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Centovetrine: Tv Soap intervista GIUSI CATALDO (Matilda)

Siamo molto felici di ospitare su Tv Soap Giusi Cataldo, l'amatissima interprete di Matilda che - dopo aver fatto parte in passato del cast fisso di Centovetrine - proprio in questi giorni è nuovamente in video per un breve ma gradito ritorno. Proprio tale rimpatriata, che servirà anche ad introdurre la storyline del piccolo Milo, ci dà l'occasione per una piacevole chiacchierata con l'attrice siciliana, che ringraziamo per la gentilezza e la disponibilità dimostrata nei nostri confronti.

A cura di Carla per TvSoap.it - Riproduzione vietata

Partiamo da Matilda e dalle battute “I miei figli” e “Amore mio” (pronunciate anche mercoledì scorso al ritorno a Centovetrine), ormai diventate un must attesissimo dagli spettatori: come hai fatto a renderle tali? E soprattutto cosa pensi quando te le ritrovi in copione?

(scoppia a ridere) Mi fai ridere… ma hai visto dove stiamo adesso? “I miei figli” è facilissimo…  In questo momento siamo nella zona bimbi dell’Ikea con mio figlio che sta martellando fortissimo! E’ l’essere mamma che è in me, ormai, radicato… (parte con la voce dolcissima) e poi mi piace, mi piace da morire quando devo dire, far sentire – ci pensavo adesso - l’affetto di mamma: nessuno più lo fa vedere, tutti nascondono i sentimenti e invece è il momento di tirarli fuori, perché riempiono la vita, fanno ricchezza… e visto che siamo un Paese povero, la nostra ricchezza sono i sentimenti, quelli buoni. È una cosa banale ma vera.

E a proposito di bimbi, com’è stato ritrovare Milo (Tommaso Neri) dopo due anni e tornare a recitare con il suo piccolo interprete?

Allora, Milo è un signore, e il suo interprete è più indaffarato di me! Ha la tata che gli parla in inglese, tira di scherma, nuota… e ogni tanto si diletta a fare l’attore… e gli riesce anche bene! Naturalmente è cresciuto dalle prime scene, perché i bimbi crescono in fretta, basta che ti giri un attimo e quando li riguardi sono gi cresciuti, ma è carino Milo, ed è rimasto beneducato come allora.

In questo breve ritorno ti sei trovata a interagire con attori che avevi “incrociato” poco in passato. Per esempio ci sono le scene con Cecilia, interpretate da Linda Collini, che sono attesissime, visto che uniscono due personaggi portatori di grande emotività e tenerezza. Com’è stato girarle?

Bello! È vero, c’è un mood… un modo di sentire uguale. Ed erano scene belle, giocate sulla timidezza, sul “Cosa devo fare”, sul come comportarsi con un bimbo che non ha più i genitori. Mi è piaciuto lavorare con Linda, e poi devo dire che lei ha fatto un bel percorso attoriale, ha carattere, si sta formando e questo è importantissimo per un’attrice: Linda è Linda, è lei. Ed è fondamentale per lei, per il suo futuro. Perché farà dell’altro, un giorno, sarà una lunga carriera.

Invece com'è stato ritrovare D’Anca, la Coraini e la Clara nei panni di Sebastian, della nuova moglie di “tuo marito” e di “tua figlia!”?

Quando ci siamo viste con Elisabetta ci siamo dette che avevamo voglia di recitare insieme anche al di là di Centovetrine, con lei e con D’Anca, a teatro. Noi siamo partiti da lì, dal teatro e tra una pausa e l’altra della soap ci dicevamo “Pensiamo una cosa da fare per noi a teatro”. Quando ci si trova bene perché no… è importante! La Clara… è lei, è la potenza della natura, è stato bello… chi la ferma! Con Michele ci siamo sempre trovati bene, ci è dispiaciuto non lavorare di più insieme, perché c’era un sentire bello, il divertimento è anche chiedersi “Ma tu? Ma io ti amavo? Ma com’era?”, anche quello che sta dietro delle storie è fondamentale e se trovi un’altra persona che lo vuole fare… è bello.

Infatti c’è questo passato, questo vostro vissuto che affascina perché noi non l’abbiamo mai visto ma vediamo quello che ne resta e che voi siete riusciti a portare in scena… e c’è, esiste, si vede! E ci si chiede da dove nasca… allora, curiosità, tu come immagini il primo incontro di Matilda e Sebastian?

In realtà una microstoria di loro c’è: Matilda è figlia di una famiglia di mafiosi, mascalzoni guatemaltechi… e lui, Sebastian, giovane e bello che si introduce in questo mondo… All’inizio non era un criminale, poi si sporca con quel “contorno”. Quindi il primo incontro lo immagino in un luogo fuori da tutto questo, una passeggiata, una corsa, un incontro in un parco… un rapporto semplice, nuovo, pulito. Lei ha bisogno di questo, immaginandola… vive in una famiglia che l’ha impregnata di quella realtà criminale, probabilmente non ne sa la vera portata ma comunque vive… Lui si avvicina e comincia una grande storia d’amore, che si rovina quando lui viene “tirato giù” nel gorgo criminale.

Il matrimonio?

Sfarzosiiiissimo, belliiiissimo, sai l’amore quello vero? Tu vuoi Matilda Herrera Diaz prendere qui in sposo… sarà stato un momento bellissimo e di vero amore. E’ cominciato come un vero amore, si è sporcato via via ma dopo, il virus del potere ha preso Sebastian che ha fatto tutto quello che ha fatto…

Jacopo e Viola come li immagini bambini?

Sono stati disegnati molto bene all’epoca: Jacopo era introverso, con un padre che non ha mai conosciuto, il secondo padre che arriva e lo alleva… si capisce che porta in sé una sofferenza. Viola in realtà è più risolta, è la tipica figlia innamorata del padre in cui vuole rispecchiarsi. Era un “masculo” da bambina! Jacopo era più pensieroso, più problematico.

Da donna, cosa ti conquisterebbe di ciascuno dei personaggi maschili della soap?

E’ complicato... Allora, benché cattivo di Sebastian mi intriga il lato buono, profondo, che c’è. Lo intravedi… C’è una scena con noi quattro, a cena, in cui ci guardavamo (Matilda e Sebastian) e sembravamo pensare “E’ bello, guarda che abbiamo creato…”. E’ stato bello creare quello sguardo con Michele. Di Ettore affascina il potere, l’arguzia… meno quando subdolamente manipola. Poi in realtà Matilda in Ettore trova affascinante questo suo esporsi, questo dire “Sì, sono sempre stato cattivo però con te…”  e l’avere avuto fiducia. Avere sentito che ci si poteva lasciare andare, salvo poi pentirsene. Poi non sono più Matilda, sono Giusi… di Jacopo (passa al siciliano), me figghiu… picchì è bieddu! Chi resta… Brando, il marito di mia figlia. E’ dolce! E Damiano… la figura del poliziotto senza macchia e senza paura, noi siciliane proprio… l'amiamo!

Ne abbiamo parlato prima: il tuo personaggio ha portato la tenerezza nella soap. Secondo te è un sentimento che ha un senso in un prodotto che più spesso parla di passione e intrighi?

Sì! Anche perché dopo un po’ non se ne può più, come in Beautiful dove una se li è sposati tutti… Nell’intrigo, nella vita c’è anche quello. Poi figurati, non è che una è “Mamma”… (voce impostata “Mamma, mormora la bambina…”) ed è tutto il tempo così. Ci sono tante sfaccettature, c’è il dolore, la felicità, c’è tutto un percorso delle persone che ti stanno accanto… una mamma è prima di tutto una donna, poi è anche mamma… guarda qui intorno quante mamme ci saranno, tante… sono prima di tutto donne. Se una soap deve parlare della vita (anche se un po’ diversamente perché Centovetrine è un po’ più “Dallas”), però anche in quel contesto c’è quel lato da raccontare, ci deve essere. Anche perché, oltretutto, è una soap italiana, e perché no… la mamma… (sorride).

A questo proposito, se n’è molto parlato nel momento in cui Serena è rimasta incinta, su quale dovesse essere la priorità, la vita da donna con Damiano o la vita da madre del figlio di Brando. Per te in una donna queste cose possono coincidere, nel momento in cui una donna o un personaggio diventa madre?

Ma certo, anche se in quel caso forse è diverso perché doveva essere una scelta di Damiano, se accettare o no… che è anche interessante perché è moderno, può succedere, appartiene all’oggi… oddio in realtà appartiene a sempre. Ma perché no? Assolutamente sì, anzi è adesso che è così, è assurdo pensare il contrario… ma che siamo, nell’ottocento?

Per un periodo in tv sei stata la bella e perfida (Incantesimo, Il rumore dei ricordi, Per amore…) poi qualcosa è cambiato e sono arrivati i ruoli da mamma (Orgoglio, Distretto di Polizia, Centovetrine). Secondo te perchè?

No, non è cambiato: io ho sempre alternato le perfide con le madri: in “Corsa di primavera” ero una madre separata, in “Compagni di scuola” una moglie dolce… forse il cinema se n’è accorto prima di questo mio lato… (sorride)

A proposito di Incantesimo: eri Flora, l’amante cattivella del cattivissimo Alfonso che a un certo punto, dopo esserne stata tradita, lo accoppava con una bottiglia di champagne. Cosa ricordi di quella scena?

(ride) Che la bottiglia non era una bottiglia di champagne! Era un materiale molto divertente che si rompeva facilmente, gliene avrò rotte in testa non so quante, non so quanti ciak abbiamo fatto! Era divertentissimo! Di Incantesimo devo dire soprattutto che ho lavorato molto bene con Alessio Boni, ci fu una scena in carcere molto bella… Lui è uno che “se la fida a recitare”, come si dice dalle mie parti. È bravo. E si vedeva.

E a Centovetrine Matilda a chi rovescerebbe champagne in testa?

Ah che bella cosa (ride). A chi rovescerei una bottiglia di champagne in testa… agli inizi a Diana, e a Ettore dopo!

Quest’anno se ne sono andati tanti grandi del teatro, da Mariangela Melato a Franca Rame. Di un muratore resta una casa, di uno scrittore i libri, di un contadino gli alberi. Ma di un attore cosa resta?

Polvere?! Dipende, se ha lasciato una traccia negli altri… La Melato era un’attrice straordinaria. Franca Rame l’ho conosciuta meno, artisticamente, apparteneva a un periodo preciso, era più una donna che attraverso la sua arte ha fatto delle battaglie, e questo era molto prezioso. Dal punto di vista artistico Mariangela Melato passava dal comico al drammatico con una facilità, con una preziosità… un grande carattere. Non so cosa possa rimanere di un attore. Sai che ci sono i beni materiali dell’Unesco e quelli immateriali… ecco, noi facciamo parte di quelli immateriali.

L’idea di portare qualcosa a teatro con D’Anca a che punto è?

Noi abbiamo lavorato a un progetto, un recital di letture… anche perché siamo siciliani tutti e due e ci piaceva l’idea di ripercorrere luoghi importanti come Segesta, Tindari, Selinunte e fare degli spettacoli “agili”, come si dice. Certo, è un periodo in cui è molto difficile produrre spettacoli… però non demordiamo, l’idea c’è e c’è la volontà di farlo in Sicilia, perché è importante.

La scena che ricordi con più tenerezza tra quelle girate a Centovetrine?

La scena tra me e D’Anca, quella in cui Matilda e Sebastian si chiedono come si fa a spiegare il dolore di una madre, il sopravvivere alla morte di una figlia. Quella era una scena forte e veramente ci siamo chiesti, prima di cominciare, cosa poteva voler dire… perché se no non ha ragione di esistere, non sono solo parole, non possono essere solo parole. E se anche non l’hai provato devi arrivare al punto di capire cosa si può sentire. E’ impensabile, un dolore talmente grande…

Quella che ricordi con più soddisfazione?

E’ complicato, le litigate, direi… ecco, come ho lasciato Ettore! Mi piaceva!

E quella che ti ha fatto pensare “Oddio, qua c'è da lavorare… è difficile!”

Per esempio quella in cui devo rivelare chi sono, sulla barca. Era impegnativo. C’era tutto… E prima è incinta, poi ha l’incidente, poi si faceva di psicofarmaci… “Oddio – ho detto – nient’altro? (scoppia a ridere)

Una delle cose che sono rimaste più impresse di “Giusi”, al di fuori di “Matilda”, è quanto ti sei spesa per Centovetrine, soprattutto durante la sospensione, anche quando tecnicamente non eri più nel cast. Forum, Pomeriggio Cinque, Roma, Milano… ti sei fatta in quattro per sostenere la soap. Non era da tutti… Perché l’hai fatto? Cosa ha Centovetrine di così speciale?

Perché si è legati a una cosa che si è fatta, che in un periodo della mia vita mi ha portato fuori e ha cambiato delle cose… e devo dire positivamente. E’ stato un periodo in cui sono successe delle cose, e alla fine la vita e il lavoro non sono così disgiunte, soprattutto nel nostro lavoro. E quindi ci si affeziona, è come dice la Volpe al Principe… in qualche modo Centovetrine mi ha addomesticata! E nell’addomesticamento ci sono tutti, i buoni rapporti con i colleghi, le maestranze… L’ho detto anche in un'intervista a Intimità: Centovetrine diventa una famiglia, un micromondo che ami, e allora viene naturale sostenerla, lo fai per tutti.

Dopo le scene in onda in questi giorni, dove e quando ti possono rivedere i tuoi affezionati?

Sto seguendo un progetto a cui tengo molto: si chiama “Notte di Zucchero” e sarà una sorta di “Notte bianca palermitana” tra l'1 e il 2 novembre, che si inserirà sulla tradizione della “Festa dei morti”, che in Sicilia è sempre stata una cosa dolce… la vera ricorrenza in cui i bambini ricevevano i doni, portati dalle persone care che non c’erano più, e dei dolcetti come i pupi di zucchero, la frutta martorana, i biscotti chiamati “ossa di morto”, la muffoletta cunzata…

L’Italia è ricca di tradizioni diverse nella celebrazione della morte e delle persone care ed è un patrimonio da preservare… se ci sono riusciti in Messico (dove è diventata patrimonio immateriale dell’Unesco), perché non possiamo riuscirci a Palermo, dove abbiamo una tradizione secolare?

Con “Notte di Zucchero” riporteremo questa “festa” in centro, in Via Alloro, a Piazza Marina, dentro il Palazzo Steri… popolando la notte di attori e scrittori che reciteranno brani sulla vita e sulla morte, su quello che ricordano della Festa dei morti, o su persone a loro care (sono testi scritti appositamente da Roberto Alajmo, Roberto Andò, Attilio Bolzoni, Giuseppe Di Piazza, Gaetano Savatteri, Beatrice Monroy, Fulvio Abbate e tanti altri), e poi ci saranno gruppi musicali che canteranno e alla fine fuochi d’artificio. E D’Anca mi deve fare un monologo!

Abbiamo anche ottenuto la sponsorizzazione dell’azienda dell’acqua, proponendo di partecipare al restauro di Villa Garibaldi (dove venne ucciso Joe Petrosino), col ripristino di una fontana al suo interno e piantando delle nuove canne da zucchero… perché in Sicilia c’erano coltivazioni preziosissime, fanno parte della nostra storia ed è importante farle rivivere all’interno di una festa dedicata ai bambini e alla memoria.

Tra l’altro c’è l’idea di chiedere ai partecipanti che volessero contribuire di portare alla festa un giocattolo usato o un libro letto: diventeranno regali speciali per i bambini meno fortunati della città, perché sia festa anche per loro.

Gli ingredienti e la ricetta della tua famosa pasta alle zucchine.

Allora, si prendono le zucchine, si friggono e si mettono da parte. Poi fai la pasta, meglio le mezze maniche, metti le zucchine nella cuccuma, ci butti la pasta, ci rompi un uomo, lo giri, metti il pecorino e… les jeux sont faits.

Per molti Centovetrine è un guilty pleasure con cui rilassarsi: qual è i Guilty Pleasure di Giusi Cataldo?

L’Ikea!!!

Cosa scriveresti a una ragazza che ti dice “Voglio fare l’attrice”?

“Perché??? Ma sei sicura sicura?”

E a una ragazza che sta per diventare madre?

Le dedicherei “Ave Maria” di De Andrè.

Negli ultimi mesi hai portato sui palcoscenici di Roma e di Napoli il monologo “La grazia”, all’interno della produzione “Dignità autonome di prostituzione”. Da dove nasce il tuo coinvolgimento?

Da una sfida! Io sono una siciliana bionda e non mi propongono mai ruoli in siciliano, tranne “Non parlo più” con Lorenza Indovina. Volevo fare questo monologo in palermitano stretto, l’ho preso e ne ho fatto un mio vestito. E’ emozionantissimo farlo, dare voce a questa Madonna che ama un figlio e sa che lo perderà… Una donna a Napoli mi ha detto “Lei è madre, si capisce… non potrebbe farlo così altrimenti”. E forse è vero… (sorride, da mamma Matilda) e qui chiudiamo il cerchio con “I miei figli” e "Amore mio".

© TvSoap.it - Riproduzione vietata

(Pubblicato il 3 giugno 2013)


 


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